L'elfo nero è RAZZISMO nei confronti dei neri
- 14 feb 2022
- Tempo di lettura: 12 min

Quando ieri ho pubblicato su Facebook la Pillola sul cast de Gli Anelli del Potere (link qui per chi non l'ha vista) l'ho fatto sapendo perfettamente che si sarebbe creato un dibattito sulla questione e che oltre a opinioni pacate e ben argomentate sarebbe arrivata pure una certa dose di isteria. Niente di strano, il tema è facilmente inscrivibile nella categoria "lascia perdere" come del resto tutti quelli che anche soltanto sfiorano questioni relative alle minoranze, siano esse etniche o di altro tipo.
In sintesi: per la nuova serie ambientata nel mondo di Tolkien è stato scelto un attore di colore ad intepretare un elfo silvano. Io reputo questa scelta a dir poco patetica, perché emblematica di una corsa alla compensazione che non ha nulla a che vedere con l'inclusività.
Per comodità d'esposizione e per venire incontro alle esigenze di chi non è in grado di leggere per dieci minuti di fila senza farsi venire una sincope (manco alle elementari), riporterò punto per punto quelle che sono state le obiezioni più ricorrenti alla mia posizione, così come alla posizione di altri creatori di contenuti allineati alla mia visione. Come già accennato, tra queste obiezioni ci sono spunti interessanti di discussione ma anche ben altro. Evidentemente qualcuno non ha ancora imparato che se prova a entrare a casa mia in scivolata (perché la pagina Fb di Jenus avrà pure il cortile aperto, ma rimane casa mia) non fa una bella fine.
Chi pensa di usare il mio spazio per affibbiarmi etichette che NON mi appartengono o suppone di potermi paragonare a colleghi che non c'entrano nulla, usati come carta di Magic ogni volta che si vuole accusare qualcuno di razzismo, può andare serenamente a fare in culo. Ieri ne ho bannati QUINDICI, di questi soggetti. In appena sette ore.
Andiamo al succo della questione, obiezione dopo obiezione per ordine sparso, :
1) Che fastidio ti dà che l'attore sia nero? Ommioddio questo è razzismo!
Mai parlato di "fastidio" né nulla di riconducibile a questa emozione. In questo paese dovremmo dare una bella revisionata alla scuola dell'obbligo una volta per tutte, perché è impensabile che una percentuale così alta di chi bazzica sui social non sia in grado di comprendere un discorso - o già semplicemente una frase - per ciò che è, senza estrapolarne una riassunto inventato di sana pianta. MAI... PARLATO... DI... FASTIDIO.
Io non spreco un grammo delle mie emozioni - che già per il mio privato son costretto a centellinare - per infastidirmi o ancor peggio incazzarmi per robe futili (anche se, come vedremo, il concetto di "futile" è estremamente soggettivo). Il problema non è nei confronti dell'etnia in quanto tale, che volete che me ne importi? Come si può ampiamente evincere dalla storia della mia produzione fumettistica, a me di che colore sia l'attore e di che colore siate voi che leggete non me ne frega niente, nulla, zero. Così come non mi frega di come usiate i vostri genitali, finché vi accoppiate con gente consenziente.
L'unico vero fulcro della questione, per quanto mi riguarda, è il contesto. Sempre questo stra-maledetto contesto che fa la differenza tra un'operazione sensata e una pagliacciata.
La fa in ambito cinematografico così come la fa nella comicità in generale (come ho ampiamente spiegato nell'ultimo podcast che trovate qui sul sito, in cui analizzo la questione della Satira e dei suoi limiti, in relazione al caso Checco Zalone - Pio & Amedeo).
La scelta dell'attore nero a interpretare un elfo non costituisce un problema "a sé", bensì è emblema di un andazzo che in maniera subdola, silenziosa, praticamente stealth, ha preso piede da pochi anni a questa parte e su cui non ci si può pronunciare senza che vengano gli infarti a chi è troppo ideologicamente schierato per accettare di sedersi e ragionare. Lo riscrivo: RAGIONARE, senza farsi prendere dai patemi.
L'andazzo a cui mi riferisco è quello per cui oggi una buona parte dell'opinione pubblica si è convinta che ci sia un problema di "collocamento" di attori appartenenti a etnie non-caucasiche, all'interno dell'industria cinematografica. E che quindi sia sacrosanto mettere in atto delle forzature vere e proprie, oltre i limiti dell'ossessione, al fine di compensare questo deficit. Ecco, sta qui la prima anomalia: tutti hanno accettato questa narrazione senza essersi presi la briga di verificare i dati e soprattutto capire come darne lettura. Perché molto semplicemente questa storia, oggi nel 2022, è una balla.
E il fatto che sia una balla è pure sotto i nostri occhi (al di là di dati e statistiche), ma ci hanno ripetuto il contrario così tante volte che moltissimi se ne sono convinti, e pure alcuni miei colleghi creator (che stimo) ci credono ciecamente.
2) Quindi stai dicendo che non esiste il razzismo nell'industria cinematografica?
Il razzismo è una delle aberrazioni dell'animo umano più difficili da estirpare, perché ha origini da istinti primordiali insiti nella nostra scellerata specie. E può essere presente OVUNQUE, in qualunque ambito. Ho sentito con le mie orecchie persone che lavorano nell'ambito dell'aiuto concreto a immigrati - tipo centri di accoglienza o distribuzione di derrate alimentari - pronunciare con convinzione frasi degne del Terzo Reich. Figuratevi se posso pensare che l'industria cinematografica sia scevra da qualunque forma di razzismo. Il punto è che, contrariamente a ciò che accade in (tristemente) molti altri casi, negli USA - patria di Hollywood, non si tratta di una discriminazione "sistemica". Attenzione perché la differenza è fondamentale, e se non la si capisce si perde totalmente il senso della misura del fenomeno.
A seguito di SACROSANTE (ed è imbarazzante doverlo specificare) lotte per la parità di diritti dalla fine degli anni '70 in poi il cinema su grande schermo così come quello delle serie tv non ha affatto disdegnato l'impiego di attori di colore. A meno che io non mi sia sognato serial che hanno segnato la mia infanzia, come "Il mio amico Arnold", "I Jefferson", "I Robinson", "Otto sotto un tetto", "Willy in Principe di Bel Air", per dirne alcuni. Interpreti come Denzel Washington, Morgan Freeman, Will Smith, Samuel L.Jackson, Laurence Fishbourne, Alle Berry, Michael Clarke Duncan, James Earl Jones, Zoe Saldana, Whoopi Goldberg, sono idolatrati e amati dal pubblico di ogni etnia tanto quanto gli attori di etnia caucasica, e lo dimostra il fatto che non c'è stata alcuna alzata di scudi per la loro presenza in titoli che tutti conosciamo e che hanno fatto la storia del cinema.
Ragazzi, ma di che stiamo parlando? Nei fatti, la narrazione riguardo questa fantomatica "carenza" è FALSA.
Per di più alcune produzioni che li hanno visti protagonisti toccano esattamente i temi dell'inclusività, del razzismo e della parità di diritti, cosa che non si sarebbe mai potuta fare se il cinema hollywoodiano fosse OGGI quell'ambiente tossico di cui si parla. Sarà pessimo per molti altri fattori, ma non lo è per questo. Il che non significa che pure al suo interno non ci siano delle merde che trattano le persone in maniera dispregiativa, come accade in TUTTI gli ambienti, dalla scuola all'ufficio alla messa in chiesa.
Conosco l'obiezione "Oscar", ma non è indicativa. Il fatto che il numero di attori neri che hanno vinto l'Oscar sia esiguo non conta nulla, perché si tratta di un premio che non ha nulla a che vedere con l'accoglimento da parte del pubblico, non ha nulla a che vedere con i casting e non ha nulla a che vedere con il successo che avrà realmente un determinato film. Le candidature all'Oscar non sono scelte "dalla gente", sono appannaggio di una élite con potere decisionale tanto quanto coloro che decidono a chi assegnare i premi Nobel o i premi della critica a Sanremo. Non rappresentano nulla se non sé stessi, con tutti gli annessi e connessi che non possiamo conoscere. Incluso e non escluso affatto, il razzismo. Una possibilità, non una certezza, che non ci dice che "Hollywood" sia razzista.
L'industria cinematografica, al netto di qualche sporadica presa di consapevolezza sul suo innegabile ruolo culturale e di diffusione di sani principi, è una macchina per fare soldi. Sceglie gli attori che sanno che attireranno il pubblico, all'interno della rosa di coloro ritenuti più adatti a determinati ruoli. Punto. Questo ci dimostra la Storia degli ultimi 40 anni, fatta di scelte multietniche di ogni tipo che nulla hanno a che vedere con il whitewashing o altre amenità che - purtroppo - erano assolutamente vere in epoca passata. Il BOTTEGHINO la fa da padrona nel Cinema, non il colore della pelle.
I dati della Motion Picture Association of American dicono che nella fascia di popolazione che frequenta i cinema statunitensi almeno una volta al mese (i cosiddetti "frequent moviegoers") solo il 12% è afro-americano. Il dato preso singolarmente potrebbe far pensare a un parallelismo diretto tra scelta degli attori e platea in grado di identificarsi nei personaggi, ma non è così manco per nulla. Il fattore "identificazione" è andato scemando dal momento in cui l'aura di divinità che avvolgeva solo attori caucasici fino agli anni '70 ha iniziato per diventare comune a qualunque etnia. Will Smith è considerato un figo dai neri così come dai bianchi, non gliene frega nulla a nessuno del suo colore tranne ai coglioni, che esistono ovunque e a volte hanno pure potere decisionale, ma non rappresentano "il cinema". Il dato della MPAA diventa fuorviante se non si considera che la popolazione afro-americana negli USA è, molto semplicemente, il 14% di quella totale. Estrapolare un singolo dato decontestualizzandolo è scorretto e non fa altro che gettare benzina sul fuoco là dove non serve, ché gli episodi di razzismo esistono e vanno condannati ma ciò non significa che occorra inventarsi un modello circoscritto che non esiste.
3) Ciò significa che negli USA non c'è razzismo sistemico?
Solo uno che vive fuori dal Mondo potrebbe pensare una roba del genere, alla luce dei dati che abbiamo (e non del semplice intuito). Il razzismo esiste eccome, negli Usa come nel resto del Pianeta, e in particolare la società statunitense è spesso teatro di scenari a dir poco inquietanti a scapito delle minoranze. Il movimento Black Lives Matter è scaturito esattamente dall'atteggiamento inaccettabile che una fetta troppo consistente di poliziotti americani aveva e ha nei confronti delle minoranze. E di cui l'episodio di George Floyd, morto nel 2020 per soffocamento provocato dal (per fortuna ormai ex) poliziotto Derek Chauvin, è solo la punta dell'iceberg.
Un segnale sconvolgente è che di certo il fatto che il 40% della popolazione carceraria statunitense è afroamericana. dati: Se una persona di colore e una persona bianca commettono un crimine, la persona di colore ha maggiori possibilità di essere arrestata, e una volta di fronte al giudice, i neri vengono condannati più spesso dei bianchi, con circa il 20% in più di probabilità di finire in carcere e con pene più lunghe del 19% rispetto a quelle per i bianchi condannati per crimini simili.
Senza parlare poi della drammatica disparità economica che vede larghissime fette della popolazione afro-americana ghettizzate e in assenza di sussidi di alcun tipo dal punto di vista sanitario, cosa che porta le donne di colore ad avere il triplo delle possibilità di morire per complicazioni legate al parto, ad esempio.
Tutti questi esempi sono reali, preoccupanti e inaccettabili. Ma le ripercussioni di questa mentalità sul Cinema sono contenuti per la natura stessa di quest'ultimo, che è un mondo a sé nel quale - ribadisco - quell'aura di "divismo" di cui sopra rende trascurabile il fattore etnico.
4) Non pensi che inserire il più possibile attorni neri nel cast sia un ottimo modo per scardinare il razzismo nei gangli della società?
NONE! L'approccio con cui un individuo si rapporta a film e serie tv non funziona così, nemmeno quando si è bambini. Quando ero piccolo il mio personaggio preferito dell'A-Team era esattamente P.E. Baracus, amavo moltissimo Arnold e Steve Urkel e me ne fottevo totalmente che fossero neri. Esattamente come non è un problema per un bambino nero avere come eroe il caucasico Thor invece che Black Panther, a meno che uno non voglia sostenere che il cervello dei bambini neri funziona diversamente. Alzi la mano chi vuole sostenerlo! Caspita, nessuno... e come mai?
Sì perché questa retorica attraverso la quale ci si vuole prendere cura della "comunità nera" come se si trattasse di difendere le balene dai giapponesi mi ha discretamente seccato. Innanzitutto, l'espressione "comunità" la ritengo estremamente discutibile, come se tutti i neri del mondo fossero riuniti sotto un unico credo e non fossero invece individui singoli, con pensieri propri che non è affatto detto siano allineati tra loro. Esattamente come avviene tra i caucasici, per i quali non si parla di comunità di alcun tipo. Sensibilità variabili e pensieri variabili, QUESTO caratterizza la specie umana, di qualunque etnia e qualunque provenienza geografica. Che poi si possano individuare alcuni tratti distintivi anche del pensiero, oltre che del fenotipo, è vero ma non certamente sul piano morale e etico, quanto invece sul piano culturale derivante da ambienti a maggioranza etnica nera. Non c'entra comunque il colore della pelle, bensì il contesto sociale, le possibilità economiche, etc...
Alla luce di questo, e lo dico dopo ormai riflessioni e constatazioni derivanti da ANNI di lavoro in campo creativo, la scelta di inserire un attore di colore nei panni di un elfo è un'operazione ALTAMENTE RAZZISTA NEI CONFRONTI DEI NERI.
Perché il meccanismo alla base non è "devo scegliere un attore, ne scelgo semplicemente uno bravo che abbia una presenza adatta al ruolo". Tutt'altro.
Il meccanismo alla base è "devo scegliere un attore, ne scelgo uno ANCHE bravo, ma che sia assolutamente e necessariamente nero perché devo:
- accertarmi di apparire inclusivo oltre ogni ragionevole dubbio
- gettare le basi per l'inevitabile polemica che scaturirà sui social
- zittire preventivamente gli scassacazzi che gridano alla discriminazione pure dove non esiste e sono ossessionati dal tema del razzismo al punto tale da inventarselo.
- evitare in tutti i modi di subire cancel-culture.
Questo è ciò a cui mi riferisco quando parlo di "contesto" e dico che non è un problema di nero o non nero di per sé, bensì di scenario in cui certe decisioni vengono prese. Se non si impara ad astrarre e a vedere il quadro generale, non si può comprendere questo principio e si rimane convinti che il punto sia il caso particolare.
Ecco, tutte queste considerazioni - paradossalmente - rendono la scelta di quell'attore un atto di razzismo bello e buono, in quanto scelta dettata da dinamiche totalmente esogene dalla mera bravura e resa attoriale.
QUESTO è il contesto in cui si muovono certe operazioni, ed è questo che le rende patetiche. Se già - come ho detto al punto precedente - non c'è alcuna carenza di esempi di colore in cui identificarsi, se già il meccanismo di identificazione non funziona così come ce lo vogliono raccontare, la scelta dell'attore nero resta soltanto una questione politica. Non c'è inclusività, né negli intenti né nel risultato finale,
E di tutto questo non incolpo nemmeno le produzioni, che alla fine cercano di ottimizzare la gestione delle criticità e di portare a casa un risultato al botteghino nella maniera più redditizia e indolore possibile o - come nel caso di Amazon - di tenersi buoni gli abbonati e pure aumentarli.
La colpa è delle orde di ossessionati che in preda all'ansia di compensare gli abomini che nei secoli scorsi i bianchi hanno perpetrato ai danni dei neri, appellano come razzista chiunque capiti loro a tiro e cercano di boicottare qualunque rappresentazione artistica che non si presti al loro ricatto.
L'Arte non può e non deve venire soggiogata dall'ansia di prestazione, soprattutto di fronte a pretese di integrità morale che rasentano o spesso prevalicano l'isteria.
Un autore deve avere il diritto di ideare un'opera come meglio crede, con i personaggi che ritiene più funzionali e senza dover sentire il fiato sul collo che lo porti a inserire a tutti i costi (rileggete questa espressione, perché è il nocciolo della cosa) A TUTTI I COSTI, senza se e senza ma, questa o quell'altra etnia in barba all'idea che aveva in principio.
La Sirenetta nera, così come i Nani di Biancaneve sostituiti da meglio imprecisate "creature magiche" per non offendere le persone affette da nanismo (anzi, per non offendere Peter Dinklage) sono tutti contentini che non c'entrano nulla con l'inclusività, ma vogliono invece tenere a cuccia quell'isteria.
CHE NON ARRIVA DALLA "COMUNITÀ NERA", cristosanto. L'aspetto più ridicolo e paradossale (che conferma quanto ho detto poco fa) è che non ci sono chissà quali aggregazioni di persone di colore che urlano a gran voce la necessità di avere più attori neri nei film. Primo perché è una balla, secondo perché evidentemente non gliene frega nulla di ricevere lo zuccherino. Questo atteggiamento di pena è patetico, ed è solo sintomo di quella disperata corsa all'espiazione dei peccati commessi dai "nostri avi".
Io non mi sento in colpa nei confronti delle altre etnie per le porcate commesse nei secoli dai bianchi venuti prima di me. Io non mi sento in colpa "a nome di tutti gli uomini" per le violenze subite da migliaia di donne ogni giorno. Io non mi sento in colpa per nulla che non abbia fatto IO e soltanto IO. Il pentimento e l'orgoglio condiviso li detesto così come detesto ogni forma di radicalizzazione, di cui quell'ossessione compulsiva è espressione.
5) Va beh ma le tue sono considerazioni da bianco. Fossi nero non parleresti così.
Non esiste alcun stracazzo di "pensiero bianco" o "pensiero nero".
Ma se siete convinti che sia così, prego. Ditelo a lui: Fatal Jay.
E adesso basta cretinate, per favore.
6) sì ma in definitiva, che problema c'è se l'elfo è nero? Da cosa nasce la polemica?
Ripeto, a prova di deficit della memoria: se non si impara ad astrarre e a vedere il quadro generale, non si può comprendere il principio e si rimane convinti che tutto si riduca al caso particolare.
Questo è solo uno dei casi in cui è spudoratamente palese ci si trovi davanti a una scelta dettata da motivazioni tutt'altro che artistiche.
Non mi dilungherò a spiegare il perché, dal momento in cui sono piuttosto certo che anche i cacciatori di razzisti sappiano perfettamente che nella lore di Tolkien gli elfi possiedono fenotipo difficilmente comparabile a quello dell'attore Ismael Cruz Córdova. Tanto meno me la sento di accusare i fan del noto scrittore inglese di farsi il sangue amaro per cose futili. Per me possono essere futili, non mi dannerò certamente l'esistenza per una cosa che a me poco cambia l'esistenza, ma non mi pare affatto strano che un cultore del Signore degli Anelli e dintorni non gridi alle madonne quando gli infilano a tutti i costi l'elfo nero, così come il nano alto e bello nel Lo Hobbit o altre amenità. A voi sembra esagerato? Probabilmente pure a me. Ma non me ne frega nulla perché non è questo il punto. Il punto PER QUANTO MI RIGUARDA è che le forzature nascono da una corsa sfrenata all'inclusività e alla redenzione che finisce essa stessa per peccare di razzismo, e violenta l'arte imponendole paletti superflui e spesso ridicoli.
Quando una scelta è fatta in questo contesto perverso, questa alterazione è palpabile.
Lo sento nell'acqua, lo sento nella terra, lo avverto nell'aria.
Don Alemanno
(i diritti sull'immagine dell'articolo sono di proprietà di Vanity Fair)
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